sabato 14 marzo 2009

1936 – RDT EC1













Il radar italiano
Non si può parlare del radar italiano senza fare una breve premessa sulla storia del radar stesso perché le vicissitudini che portarono alla sua realizzazione ed impiego in campo bellico hanno percorso cammini differenti nei vari paesi anche se tutte hanno un inizio in comune. Il problema di rilevare le eco prodotti dalle onde elettromagnetiche si pose fin da quando nel
1901-1902, Kennelly, Heavsyde e Marconi scoprirono che queste onde venivano riflesse dalla ionosfera. Lo stesso problema della riflessione di onde venne successivamente sviluppato in altro campo dall'ingegnere tedesco Hulsmeyer che nel 1904 ottenne il brevetto per un apparato che chiamò "telemobiloscopio" che era in grado di ricevere l'eco di onde elettromagnetiche riflesse da oggetti metallici distanti qualche centinaio di metri. Gli studi e le esperienze proseguirono quasi parallelamente negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Germania, in Francia, in Giappone ed in Italia anche se in ciascun laboratorio le ricerche nel campo della propagazione e della riflessione vennero approfondite senza che gli studiosi avessero ancora formulato esplicitamente l'obiettivo finale delle loro ricerche, cioè quello che in seguito verrà chiamato "Radar" (radio detection and ranging).
Peraltro, mentre nel mondo venivano approfonditi gli studi sulle radiocomunicazioni iniziati da Guglielmo Marconi ed aumentavano le realizzazioni per le comunicazioni a grande distanza, con l'impiego di elevatissime potenze in trasmettitori ad onde "miriametriche", cioè a frequenze bassissime, in Italia Marconi promosse e si fece sostenitore dei collegamenti ad "onde corte", cioè ad alta frequenza, valendosi di sistemi di antenna "a fascio" ed iniziando, a partire dal 1916, una serie di esperienze che sfruttavano la direzionalità dei sistemi "a fascio" . Ciò lo portò ad intravedere il loro utilizzo in campo navale per rivelare la presenza di oggetti metallici a grande distanza. In una relazione rimasta celebre da lui presentata il 20 giugno 1922 all' "American Institute of Electrical Engineers" ed all' "Institute of Radio Engineers", Marconi formulava concrete previsioni circa la possibilità di utilizzare le onde radio per realizzare un sistema ausiliario della navigazione marittima, basato sulle possibilità delle onde elettriche di essere riflesse da corpi conduttori. Tra l'altro disse :
"... In alcune mie esperienze ho rilevato effetti di riflessione e rivelazione di tali onde da parte di oggetti metallici a distanza di miglia. Io ritengo che dovrebbe essere possibile progettare apparati con cui una nave potrebbe irradiare o proiettare un fascio divergente di questi raggi in una qualunque direzione scelta, i quali raggi, incontrando un oggetto metallico, come un altro piroscafo o nave, sarebbero riflessi verso un ricevitore schermato dal trasmettitore locale [ubicato] sulla nave trasmittente e quindi rivelare immediatamente la presenza e la direzione dell'altra nave anche entro nebbia o in tempo cattivo".
Non c'è dubbio, quindi, che nella mente di Marconi già nel 1922 l'idea del radar fosse inequivocabilmente chiara e basata non soltanto su speculazioni teoriche ma anche su riscontri sperimentali. Soltanto a partire dal 1924 i fisici inglesi Appleton e Barnett e, successivamente, i fisici americani Breit e Stuve, con procedimenti completamente diversi, iniziarono gli esperimenti per la registrazione delle eco riflesse dagli strati ionosferici, travasando nella gamma radio la tecnica di rilevazione delle eco già sviluppata nella gamma acustica: gli inglesi seguendo uno schema basato sulla modulazione di frequenza, gli americani seguendo uno schema basato sul metodo ad impulsi. Questi si possono considerare i punti di partenza per gli studi che portarono alla realizzazione di apparati per la radiolocalizzazione, i veri progenitori dei Radar.
Da questi punti di partenza i percorsi della ricerca scientifica si diversificarono nei vari laboratori seguendo principi differenti. Tutti, però, erano accomunati dal fatto che man mano che si delineava più chiaramente la possibilità dell'impiego militare dei risultati, sempre più aumentava la riservatezza sui progressi raggiunti. Alcuni governi ed alcuni Stati Maggiori furono molto lungimiranti nell'intravedere l'enorme importanza che rivestiva, particolarmente in campo navale ed aereo, la localizzazione di ostacoli lontani (potenziali "bersagli") mediante l'impiego di onde radioelettriche. Tale lungimiranza comportò la differenza di assegnazione di risorse economiche e scientifiche per l'approfondimento di questo problema tanto importante. Lo Stato Maggiore inglese, ad esempio, appoggiò decisamente gli studi iniziati dal prof. Watson Watt (poi "sir") che condussero alla realizzazione nel 1935 di apparati sperimentali che, via via perfezionati, fecero sì che all'inizio degli anni '40 l'Inghilterra disponesse di una rete radar costiera per l'avvistamento aereo e di radar navali per la scoperta sia aerea che navale e per la direzione del tiro.
In Italia, invece, per quanto si riferisce allo sviluppo delle ricerche, le cose procedettero in maniera molto, molto diversa. Nel 1933 Marconi eseguì, alla presenza di autorità militari italiane, esperienze sulle fluttuazioni che si verificavano nella ricezione di segnali per effetto del passaggio di automobili nelle vicinanze del fascio di un ponte radio che emetteva onde di 90 centimetri installato fra Roma e Castelgandolfo. A queste esperienze si interessò anche il giovane ingegnere Ugo Tiberio, allora Sottotenente di Complemento in servizio di leva presso l'Istituto Militare Superiore delle Trasmissioni (ISMT) in Roma.
Negli anni successivi, Marconi condusse altre serie di esperienze di radiolocalizzazione fino ad arrivare nel 1935 alla presentazione alle più alte autorità italiane di un apparato chiamato "radioecometro" che però ancora non era abbastanza potente per poter essere di interesse militare. Questa presentazione fu, però, sufficiente per scatenare la fantasia dei giornalisti che arrivarono a parlare di "raggio della morte" scambiando come carbonizzati dalle radiazioni dell'apparato realizzato da Marconi i resti di una pecora che in effetti era stata arrostita da pastori dell'Agro romano !
Per l'approfondimento dell'aspetto militare di questi esperimenti fu costituita un'apposita Commissione interministeriale che affidò l'incarico di continuare le ricerche all'ingegner Tiberio, allora non più Ufficiale di Complemento, ma dipendente dell'ISMT come ingegnere addetto ed insegnante di radiotecnica. L'ingegner Tiberio, per conto suo, fin dal 1931 si era autonomamente interessato a quelli che lui chiamò più tardi "Radio-Detector Telemetri" (RDT) e successivamente più semplicemente "Radiotelemetri" (RaRi) seguendo però sempre le esperienze di Marconi fino a quando, nel luglio del 1937, queste esperienze furono bruscamente interrotte per la morte di quest'ultimo. Nel corso delle sue ricerche, l'ormai "professor" Tiberio prospettò l'opportunità di approfondire le esperienze secondo i due metodi seguiti, rispettivamente, dai fisici inglesi e da quelli americani, cioè sia il metodo che utilizzava la modulazione di frequenza sia quello che utilizzava la tecnica degli impulsi, dato che la tecnologia del momento non privilegiava nessuno dei due metodi a causa delle ridotte potenze che si potevano ottenere con i componenti radio disponibili.
Per le solite limitazioni di bilancio che hanno sempre afflitto (e, ahimè, continuano ancora ad affliggere) la ricerca in Italia, il Comitato interministeriale preferì adottare la soluzione che sembrava la più economica ed il professor Tiberio dovette proseguire le ricerche seguendo soltanto la tecnica della modulazione di frequenza. Sul finire del 1935, Tiberio presentò una sua relazione nella quale era teoricamente sviluppato e risolto in tutti i dettagli, calcoli compresi, il problema della radiolocalizzazione. Di tale relazione che, ovviamente, era segreta, si sono perdute le tracce a causa degli eventi bellici. Lo stesso professore si rammaricava moltissimo di questa perdita perché era la dimostrazione evidente dei risultati ai quali era giunto precedendo tutti gli altri ricercatori nel mondo. Fortunatamente, di recente, i familiari del prof. Tiberio hanno trovato la bozza autografa di una seconda relazione datata 26 aprile 1936 XIV, di pochi mesi posteriore alla relazione del 1935, altrettanto completa e dettagliata e che indirettamente fa riferimento alla precedente [immagine al principio: frammento della prima pagina].
Ancora una volta si vede come fossero state individuate in tempo utile le possibilità offerte da questo particolare impiego delle radiofrequenze ma che, purtroppo, non destarono in chi doveva prendere delle decisioni, il grande interesse che esse meritavano
La proposta del professor Tiberio fu formalmente approvata dal Comitato e siccome il problema era considerato di competenza della Marina, che fra le tre forze armate era quella che dimostrava maggior interesse alla realizzazione del Radiotelemetro ed era la più organizzata dal punto di vista tecnico per la ricerca e lo sviluppo nel campo della radio-elettrotecnica (il termine "elettronica " al tempo ancora non esisteva), nel 1936 fu costituito un gruppo di lavoro diretto dallo stesso professor Tiberio presso il Regio Istituto Elettrotecnico e delle Comunicazioni della Marina (RIEC), ubicato fisicamente nel comprensorio dell'Accademia Navale di Livorno (l'istituto, che nell'ambiente era comunemente chiamato "Istituto EC" o "Marinelettro" , oggi è stato ridenominato Istituto per le Telecomunicazioni e l'Elettronica (Mariteleradar) dedicato al Professore ed Ammiraglio Giancarlo Vallauri che ne fu il primo e per molti anni direttore) . A questo gruppo fu affidato il compito di passare dagli studi teorici alla fase sperimentale. Il professor Tiberio, nel frattempo, era stato nominato Ufficiale di Complemento nel Corpo della Armi Navali e destinato in Accademia come insegnante di fisica e di radiotecnica, rispettivamente, ai Corsi normali ed ai Corsi di perfezionamento degli ufficiali del Genio Navale e delle Armi Navali.
I mezzi finanziari ed il personale messi a disposizione per tale arduo compito furono, però, limitatissimi (quattro sottufficiali, alcuni operai ed una assegnazione annuale di 20.000 lire - circa tredicimila Euro (venticinque milioni di lire) attuali, per cui il professor Tiberio dovette condurre quasi da solo lo sviluppo e la sperimentazione del prototipo del radiotelemetro già progettato teoricamente. Assieme al professor Tiberio iniziò a lavorare nel progetto anche il professor Nello Carrara, altro insegnate di fisica presso i Corsi normali dell'Accademia Navale. Il professor Carrara già dal 1924, giovane fisico, faceva parte dell'Istituto EC e, sin dal 1932 si occupava di ricerche nel campo delle microonde; è sua la creazione del neologismo "microonde" (e di "microwaves") nella letteratura scientifica dell'epoca. Il professor Carrara nel progetto "RDT" si occupò principalmente della progettazione e realizzazione di valvole di potenza e magnetron, componenti, questi, indispensabili per poter ottenere risultati apprezzabili. I due professori, non interrompendo i propri impegni di docenti (lezioni, esercitazioni, preparazione dispense, commissioni d'esame) non disdegnarono di partecipare direttamente anche alla realizzazione manuale e pratica delle apparecchiature.
Nacque così nel 1936 il primo RDT (Radio Detector Telemetro) ad onda continua E.C.1 (acronimo derivato dal nome dell'Istituto EC) cui seguirono nel 1937 l'E.C.1-bis e l'E.C.2 che non dettero risultati soddisfacenti. Nel 1937 entrò a far parte del gruppo di ricercatori il Capitano delle Armi Navali, ingegner Alfeo Brandimarte che cominciò subito a lavorare alla realizzazione sperimentale del prototipo dell'E.C.3, non più ad onda continua modulata in frequenza, ma ad impulsi. Questa collaborazione, però, fu di breve durata perché Brandimarte, per l'entrata in vigore di una strana legge fascista sul celibato, si vide precluse le possibilità di carriera in Marina e fu costretto a dare le dimissioni. Purtroppo cadde poi Martire della Resistenza ed alla sua memoria fu decretata la M.O.V.M.
l team di ricerca tornò di nuovo ad essere composto dal binomio Tiberio-Carrara che continuavano nel frattempo a mantenere i loro impegni didattici ! Vale la pena qui ricordare l'importante contributo fornito dal prof. Carrara che progettò una valvola, realizzata dall'industria italiana FIVRE (Fabbrica Italiana Valvole Radio Elettriche), che permise di raggiungere una potenza di picco di 10 KW e che inserita in un risonatore a cavità ad alto guadagno (Q), anch'esso di sua progettazione, permise di superare la difficoltà di ottenere potenze elevate su onde centimetriche (70 cm).
Nonostante tutto, però, data la lentezza con cui l'industria realizzava quanto progettato dai ricercatori e date le esigue quantità realizzate, si dovettero trovare anche altre strade per ottenere le potenze di picco richieste per una discreta portata del radiotelemetro. Dato che il mercato era ancora libero, si dovettero acquistare negli USA, ed esattamente presso la RCA, le valvole di potenza necessarie per soddisfare le esigenze dei ricercatori. Le prove sperimentali di due prototipi, condotte sempre nell'ambito dell'Istituto EC dalla fine del 1939, rispettivamente RDT3, costiero, ed E.C.3, navale, (dal dicembre 1940 modificato in E.C.3-bis), lasciarono intravedere la possibilità di conseguire risultati significativi. Le prove dell'E.C.3-bis subirono rallentamenti e ritardi sia per la necessità di ulteriori messe a punto, sia per il non eccessivo interesse delle alte gerarchie militari anche se, ad onor del vero, in Marina si stava risvegliando un certo interesse verso quella che nei decenni successivi verrà chiamata "Guerra elettronica". Tuttavia, alla fine di febbraio del 1941 le prove dimostrative dell'E.C.3-bis non erano ancora state eseguite !
Per evidenziare le difficoltà in cui si dibatteva questo esiguo team sembra opportuno riportare testualmente quanto scrisse nel 1951 lo stesso prof. Tiberio rievocando quei tempi pionieristici : " nel 1938, vista la difficoltà di trovare altri ricercatori da dedicare agli studi sul radar, il Ministero della Marina decise di impegnare nel tentativo una importante industria radio milanese, la quale, però, si ridusse a chiedere alla Marina i tecnici necessari avendo essa tutto il proprio personale già impegnato: la Marina non potè esaudire le richiesta e quindi anche questo tentativo rimase senza esito" (Tiberio - Sullo sviluppo delle cognizioni radar italiane durante la guerra - Rivista Marittima - Aprile 1951). Come dire : il cane che si mangia la coda !
Fu soltanto dopo le pesanti perdite subite dalla nostra Marina nella notte tra il 28 ed il 29 marzo del 1941 a Capo Matapan, quando divennero certezza i dubbi che la Marina inglese disponesse di apparecchiature di radiolocalizzazione, che fu rivalutata l'importanza di poter disporre anche in Italia di apparecchiature analoghe. Ancora una volta venne messo sotto pressione l'Istituto EC e, di conseguenza, i professori Tiberio e Carrara. Furono in gran fretta ripristinati i prototipi fino ad allora realizzati e da questi scaturirono due apparati, battezzati rispettivamente "Folaga" e "Gufo" che differivano principalmente per la banda di frequenza di lavoro e che facevano del "Folaga" un prototipo per la vigilanza costiera e del "Gufo" un prototipo per l'impiego navale.
Il "Folaga" operava su una banda compresa tra i 150 ed i 300 Mhz ( 2 - 1 metri) mentre il "Gufo" operava nella banda tra 400 ed i 750 Mhz (75 - 40 cm). Le prestazioni fornite da questi due prototipi furono davvero eccellenti. Si ricorda che durante le prove sperimentali del "Folaga" condotte sulla terrazza dell'Istituto EC nel maggio 1943 fu avvistata ad oltre 200 Km una formazione di aerei USA che stava sopraggiungendo.
(fonte)












Ugo Tiberio
inventore del "radiotelemetro"
Ugo Tiberio nacque a Campobasso il 19 agosto 1904.
Laureatosi a Napoli nel 1927 in ingegneria civile, si specializzò a Roma nel 1932 in elettrotecnica.
Chiamato alle arme come ufficiale di prima nomina nell'Esercito, passò nel 1936 nella Marina, quale vincitore del concorso per la nomina ad Ufficiale di complemento nel corpo delle Armi Navali. Destinato al RIEC, vi portò a termine gli studi già avviati sul radar, da lui chiamato radiotelemetro.
Fu professore universitario a Livorno, Cagliari, Napoli e Pisa, dove insegnò fino al 1979, anno del collocamento a riposo per limiti di età.
Morì a Livorno il 17 maggio 1980.
(fonte)

Chiariamo subito una cosa: il radar l'avevamo anche noi. Non lo chiamavamo così, ma l'avevamo.

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